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mercoledì 12 febbraio 2014

16 Ottobre 1793: l'ultimo giorno di Maria Antonietta


Il triste racconto dell'ultimo giorno di vita della ex Regina di Francia Maria Antonietta.

Fu la figlia del carceriere Bault che la servì per la sua ultima toletta. La regina volle abbigliarsi con un vestito bianco, simbolo dell'innocenza e di gioia per la speranza nella vita futura.
Un fazzoletto le ricopriva le spalle, e una cuffia, sul capo; solo segno di lutto un nastro nero attorno alla cuffia, e due piccoli altri attorno ai polsi.
Maria Antonietta alla Conciergerie
ORE 5 DEL MATTINO: i tamburi d'adunata avevano rullato e alle sette le milizie erano già pronte per far siepe lungo le strade per il passaggio della regina condotta a morte.

ORE 11: gli esecutori entrarono alla Conciergerie. Maria Antonietta abbracciò la figlia del carceriere, si tagliò da sola i capelli, e si lasciò legare le mani dietro la schiena.

Uscendo dal cortile, vide la fosca carretta dei condannati, verso la quale la scorta stava dirigendosi. Era il solito rude e contadinesco carretto di trasporti, con la panchetta di legno, senza un po' di paglia per rendere meno aspri i trabalzi e gli scossoni delle ruote.


Si apre la cancellata e compare Maria Antonietta. Avanza pallida, ma fiera.


Sanson la segue tenendo l'estremità della funicella che lega alla schiena le mani della condannata. Il carnefice sembra che, con un certo compiacimento, lasci ondeggiare la lunga funicella che avvince la regina. Sul carretto, da un lato e più in basso, siede un aiutante del boia, e tiene il suo tricorno in mano.

Si levano d'intorno grida altissime di "Viva la Repubblica!", "Abbasso la tirannia!", "Largo alla vedova Capeto!", "Largo all'Austriaca!".
Maria Antonietta verso il patibolo

L'ex cantante Grammont, un hébertista fanatico, aiutante di campo del generale Ronsin, e che con lui venne poi al supplizio insieme ad un suo figlio diciannovenne, incita il popolo e scaglia vilissime invettive: egli è a cavallo e, ritto sulle staffe, indica con la spada la regina, e dà il segnale degli applausi alla folla brutale e oltraggiante.

Così legata, l'infelice non può, benché seduta, mantener l'equilibrio per i continui trabalzi del veicolo, e si vede come essa cerchi di serbare un dignitoso contegno fra tante miserie e tante umiliazioni. Ha il busto magro ed eretto, la testa alta.


Lungo il percorso le finestre, le balconate, gli alberi sono gremiti di spettatori; ma nel complesso il pubblico rimane in silenzio; soltanto qualche gruppo rabbioso di megere si accanisce all'inseguimento, con gesti di scherno e con insulti.

Ricordava in quel momento, la regina, un altro corteo ben diverso? Si affacciava alla sua memoria quel giorno, ormai lontano, quando, appena sposa del Delfino, aveva fatto la sua entrata lieta e trionfale in quella stessa capitale, tra una pompa mirabile e un entusiasmo che pareva frenetico?


Allora essa era nel pieno fulgore della sua bellezza, e tutte le speranze e le grazie sorridenti l'accompagnavano attorniando la carrozza dorata, che a stento poteva fendere la folla acclamante, che l'ammirava e la benediceva..; il maresciallo de Brissac, governatore di Parigi, le era andato incontro dicendole: "Madame, avete intorno a voi trecento mila cuori innamorati!". Che cambiamento da quel lontano 1770!

Scrive Lamartine: "Nel corteo tragico, quando qualche grido più violento la trafigge, le guance di Maria Antonietta, a volte pallide a volte accese, dimostrano come sia grande il suo strazio, e come il sangue ancora le ribolla nelle vene. Nonostante la cura nel compiere la sua ultima toletta, l'abito sciupato e la biancheria grossolana sembrano dar maggior risalto a quel tramonto crudelissimo di una sovrana. L'aria della giornata di ottobre, un po' nebbiosa, agita sulle sue guance grigie ciocche di capelli mal tagliati: i suoi occhi sono arrossati, ma senza lagrime, e alcuni osservano come essa, di tanto in tanto, si morda il labbro inferiore, come chi comprime e trattiene il lamento per un'acutissima sofferenza".
Maria Antonietta al patibolo
ORE 12:15: Quando il carretto ebbe oltrepassato il Pont au Change e i quartieri popolari di Parigi, il contegno della folla dimostrò che l'ambiente era ben diverso. Gli spettatori erano raccolti in assoluto silenzio; si intuiva che essi provavano, se non pietà, almeno un sentimento di rispetto. Allora la fisionomia della regina riacquistò quella calma che poco prima era stata crudelmente turbata.

A passo lento si percorre Rue Saint Honore. Il prete, che sta da un lato, si affanna vanamente per richiamare l'attenzione di Maria Antonietta alle sue parole di conforto, e alle sue preghiere; ma lo sguardo di lei, invece vaga sulle facciate delle case, si ferma su qualche iscrizione inneggiante alla Repubblica, e specialmente fissa le finestre dei piani superiori dalle quali sventolano delle piccole bandiere tricolori.

Il popolo ritenne allora, e alcuni testimoni oculari l'hanno poi scritto, che l'attenzione di lei venisse richiamata da queste mostre pubbliche della Rivoluzione; invece il suo pensiero era ben altro. I suoi occhi ansiosamente cercavano, fra tante cose ostili, ma per lei ormai indifferenti, un segno di eterna salute: la casa dalla quale doveva discendere sul suo capo l'assoluzione del prete non giurato.


Il gesto sacerdotale, che lei sola intravvide, l'avvertì che la sua speranza era stata esaudita. Chiuse gli occhi, abbassò la fronte, raccogliendo l'anima devotamente in quella benedizione estrema; e non potendo fare il segno della croce, perché le sue mani erano legate, chinò il capo sul petto per tre volte. Gli spettatori si accorsero che nel suo intimo
pregava con fervore, e rispettarono quell'anima prossima al grande trapasso. Poi sul viso della regina brillò un'intima gioia, e parve che i suoi lineamenti si rasserenassero per il restante del lugubre cammino.

Quando si entrò nella vasta piazza della Rivoluzione, l'ufficiale che era alla testa di uno squadrone di gendarmi, diede ordine che si procedesse piegando verso il Pont Tournant; e vi fu una voluta sosta della funebre carretta davanti alla cancellata dei magnifici giardini delle Tuileries.

La regina volse la testa da quella parte, riguardando, per l'ultima volta, quella che per lei era stato la reggia, cara e odiosa, delle sue vane speranze, della sua potenza e della sua profonda caduta. Tutto il passato le si affacciò all'improvviso, e le attanagliò l'animo in quell'ora di morte, e qualche lagrima cadde sui suoi ginocchi. Che cumulo di miserande rovine in quella brumosa luce autunnale! Ecco la carretta davanti alla ghigliottina. Il prete e l'esecutore aiutano la condannata a scendere, e la sostengono per i gomiti.

"Essa - scrive il Lamartine - salì con maestà gli scalini del supplizio, e per inavvertenza, così legata com'era, pose in fallo il piede, premendo quello del boia. "Scusatemi, signore - disse con gentilezza come fosse ad una cerimonia di corte - non l'ho fatto apposta!". Poi si inginocchiò un istante, fece mentalmente una breve preghiera, e alzatasi esclamò: "Addio, figli miei; vado a raggiungere vostro padre!".
La ghigliottina

Maria Antonietta, in quell'attimo di morte, non volle, come Luigi XVI, giustificarsi davanti al popolo, né cercar di commuoverlo con qualche grido disperato.

Sulla sua fisionomia non si leggeva l'anticipata beatitudine del giusto, che sicuro si avvia ai gaudi celesti, e che accetta fidente il martirio; bensì il disprezzo profondo per gli uomini e l'ansiosa impazienza di uscir presto da una vita piena di pene, abbandonando ai presenti i rimorsi per il delitto di quella morte.


Parve che una strana esitazione cogliesse il carnefice prima di dar lo strappo alla funicella della ghigliottina, e nell'attimo di attesa un brivido immenso percorse la piazza.

Rintronò cupo, nel tragico silenzio, il tonfo della lama: poi come per il re, come per i suppliziati maggiori o i più perfidi criminali, un'aiutante, ricoperto del camiciotto rosso, afferrò per i capelli la testa mozza, e fece un duplice giro sulla piattaforma, alzandola, livida e gocciolante sangue, per mostrarla agli spettatori lontani.


 L'altissimo grido di "Viva la Repubblica!" salutò la morta regina".


Dal libro LE DONNE DELLA RIVOLUZIONE DI JULES MICHELET

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